La fragola va in montagna

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La strategia di coltivazione, prevede che una parte delle piante, siano coltivate in pianura e poi trasferite in quota. L’impianto più grande d’Europa

A metà giugno, le temperature miti ed il bel tempo, che stanno caratterizzando la Lessinia, nel Veronese, ci danno le prime fragole della nuova stagione di fragolà dell’impianto della Ceradini Group, che quest’anno arriva al suo quarto anno di produzione.

L’impianto, che è stato effettuato nel 2012, nel comune di Velo Veronese a 1.150 metri sul livello del mare, contava circa 140.000 piantine e già da allora riuscì a riscuotere un successo al di sopra delle aspettative. Con gli anni sono state apportate ulteriori migliorie ed è cresciuto fino ad avere un numero di piantine superiore al doppio rispetto all’anno di partenza. Ora, infatti, è caratterizzato da circa 300.000 piantine delle varietà Irma e Capri, che si estendono su 4,5 ettari di terreno per complessivi 25 chilometri di filari che lo rendono l’impianto di fragole più grande d’Europa.

In azienda incontriamo Andrea Bonetti, Agronomo della Ceradini Group nonché realizzatore e direttore del progetto, che con entusiasmo ci spiega nei dettagli il lavoro svolto. «Non è stato certo facile costruire l’impianto, soprattutto per i pendii della montagna. Per ogni fila di piante infatti abbiamo cercato la direzione più consona per la sua migliore gestione idrica ed operativa senza dimenticare però che entrambi i lati della pianta e i suoi frutti devono rimanere esposti alla luce con la giusta inclinazione per più ore possibili al giorno».

Particolari tecnici

«Il successo della nostra produzione – spiega Andrea Bonetti – è frutto della somma di molti dettagli che non vengono trascurati e che nell’insieme fanno la differenza dalle altre fragole». Per esempio, tra i dettagli più importanti, evidenziamo una serie di particolari tecnici come la forma e l’orientamento delle serre al fine di favorire la ventilazione e l’evacuazione del calore estivo, oltre alla possibilità di raccogliere la pioggia che cade sulle serre. L’impianto di coltivazione in fuori suolo, è stato progettato in modo tale da permettere la raccolta del drenato dai contenitori di coltivazione, che opportunamente trattato viene poi riciclato dalla coltura. Il doppio piano di coltivazione, (nelle condizioni di forte pendenza), è fatto in modo tale da non ombreggiare quello sotto. Il controllo e la lotta alla drosofila, avviene con catture massali a più barriere. La conta fiorale per un mirato diradamento, importantissimo per raggiungere pezzatura e qualità, e per ottimizzare e direzionare il primo e secondo picco di produzione di una rifiorente. La bagnatura sottochioma per il mantenimento del cotico erboso al di sotto i piani di coltivazione, serve anche per la gestione dell’umidità relativa giornaliera. La transumanza di una parte delle piante ingrossate in pianura. Tutti questi dettagli tecnici, in sintesi, con un gioco di parole - dice Bonetti - «Fragolà è una fragola di altissimo livello, in tutti i sensi, sia per l’altitudine che per la qualità».

Infatti, la produzione di questi frutti, oltre al gusto particolare e intenso, con il marchio “Fragolà” si vuole puntare molto sull’aspetto visivo; ogni frutto, infatti, presenta un colore e una forma semplicemente unica che risalta maggiormente grazie al packaging creato ad hoc. In azienda - ci raggiunge Massimo Ceradini - titolare della Ceradini Group, che aggiunge: «Un frutto così eccezionale deve assolutamente essere presentato in una confezione capace di evidenziare maggiormente le sue caratteristiche. Per questo abbiamo deciso per qualcosa di semplice, ma al tempo stesso accattivante ed attraente, come il frutto della fragola, ed è così infatti, che sono nate una serie di fotografie che ritraggono una donna che mangia una fragola. Le scatole contengono 8 cestini da 250 grammi, ognuno ovviamente targato Fragolà».

L’impianto

Ma veniamo ai dettagli tecnici. Come ci Spiega Bonetti, l’impianto è stato avviato nel 2012 a tempo di record in soli sei mesi, lavorando anche a temperature di –20 °C e in mezzo alla neve. Poi è stato ampliato nei successivi due inverni per arrivare alle dimensioni attuali. L’impianto è ubicato nel comune di Velo Veronese (Vr), in alta Lessinia, e consiste in una superficie investita pari a 4,5 ettari, ed un estensione lineare di 25 km di file coltivate. Di questi 25 km, circa il 60 % sono coltivati in canalina direttamente a Velo Veronese, il restante 40 % in contenitore trasportato dalla pianura alla montagna. Per ogni metro lineare di canalina, si utilizzano 22 lt di substrato di coltivazione a base di fibra di cocco. Per avere un idea della dimensione dell’impianto, che si può considerare il più grande d’Europa in un solo corpo, con le coperture delle serre ogni anno vengono raccolti 5 milioni di litri di acqua che vengono stoccati in 5 Vasche (la più grande e da 900 mc). L’acqua piovana, viene poi opportunamente miscelata con il drenato raccolto dalla coltivazione, e dopo opportuna misurazione e standardizzazione con un preciso valore di EC, essa viene riutilizzata per la preparazione della miscela nutritiva distribuita con la fertirrigazione computerizzata. Tutte le serre, sono state suddivise in 90 settori con rispettive 90 valvole per un controllo computerizzato dell’irrigazione e della fertirrigazione. Il controllo e la lotta alla Drosophila suzukii prevede l’installazione ogni anno di circa 1800 trappole che ogni settimana vengono caricate con la rispettiva esca alimentare. Le varietà coltivate sono per la maggior parte Irma e Capri: sono tutte varietà rifiorenti prescelte per le loro eccellenti caratteristiche di bontà del frutto, per una produzione da fine giugno ai primi ottobre. È stata realizzata anche una serra dedicata per testare le caratteristiche di nuove varietà.

Ubicazione

La favorevole ubicazione geografica, unita alla difesa mediante insetti utili e ai sistemi di prevenzione naturali adottati, permette inoltre di limitare il più possibile gli interventi chimici che vengono normalmente utilizzati nella difesa integrata della fragola. È stata approntata una gestione degli apparati di nutrizione e monitoraggio studiata ad hoc, dotandoli delle tecnologie di irrigazione e fertirrigazione più all’avanguardia presenti sul mercato.

Chiediamo a Bonetti, in cosa consiste la pratica dell’ingrossamento di piante di fragola in pianura, che poi vengono trasferite in montagna.

«La cosiddetta transumanza delle Fragole – risponde Bonetti – è una pratica che consiste nello svernamento delle piante di fragola in aree dal clima invernale mite. I vantaggi vanno oltre la riduzione del danno da gelo. Lo svernamento, previo trasferimento, di piante di fragola coltivate in vaschette fuori suolo in aree dal più mite clima invernale, è pratica conosciuta in Trentino da almeno un decennio. Data l’analogia con la pastorizia, è diventata prassi nell’ambiente fragolicolo la dizione “transumanza”.

La nostra transumanza invece non comprende il periodo dello svernamento: con la nostra tecnica di coltivazione ed utilizzo di piante rifiorenti in montagna dove le temperature ideali per il loro sviluppo si concretizzano in un tempo molto ristretto a scapito della produzione. Trapiantiamo e ingrossiamo parte delle nostre piante in contenitori in pianura nel mese di aprile ingrossando la pianta a scapito della produzione che viene totalmente eliminata a stadio fiorale. Successivamente, quando le condizioni climatiche di coltivazione in altitudine diventano accettabili, le piante vengono trasportate in montagna».

La produzione

Questa pratica, iniziata 3 anni fa, ha fatto intravvedere da subito dei vantaggi interessanti. L’anticipo dell’entrata in produzione distribuisce quest’ultima in un arco temporale più ampio, con ovvie ricadute quali-quantitative per la maggior pezzatura dei frutti. «Come evidenziato sui due grafici della produzione – ci fa notare Bonetti – si vede bene come le produzioni siano complementari, dandoci la possibilità di avere costantemente produzione senza mai restare senza prodotto per i nostri acquirenti; da questi grafici risulta inoltre quanto sia fondamentale la ricerca e la scelta della migliore varietà per le proprie esigenze e caratteristiche pedoclimatiche, in quanto a parità di tipologia di pianta e input nutritivi e ambientali, le produzioni risultano essere molto diverse. Su questo aspetto, abbiamo fatto molta ricerca e osservazioni in campo. Infatti fin dal primo anno abbiamo testato e confrontato più di 15 cv di fragole rifiorenti».

In montagna l’andamento climatico ed il suo monitoraggio è molto importante. Sono molto interessanti, la serie di grafici che illustrano l’andamento climatico nel 2014. «Come si può notare - ci spiega Bonetti – il clima in montagna è molto variabile e imprevedibile; produrre quantità e qualità in quelle condizioni non è facile e richiede molto impegno. Pensiamo solo, per esempio, alla gestione delle aperture e chiusure delle serre, alla gestione delle irrigazioni, e al controllo dei patogeni».

La fragola va in montagna - Ultima modifica: 2015-08-30T11:45:43+02:00 da Lucia Berti

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